Italia anno zero

2004
Italia anno zero
è un progetto scenico, musicale e cinematografico di Roberto Paci Dalò e Olga Neuwirth, basato su testi di Antonio Gramsci, Giacomo Leopardi e Pier Paolo Pasolini. Le opere di questi autori della letteratura italiana vengono presentate in un concerto scenico dall’organico originale: una band di cinque membri (inclusi gli autori) composta da clarinetti, chitarra, elettronica, campionatore e theremin. Dopo la prima assoluta al Budapest Autumn Festival, Italia anno zero viene presentata in Francia, Inghilterra e Germania.

Italia anno zero riflette sull’Italia e sui fascismi di di ieri e di oggi. L’intera opera si sviluppa intorno alla tesi che nell’animo degli italiani sia sempre stato presente un germe di fascismo, già prima dell’avvento di Mussolini. Tale assunto viene suffragato attraverso frammenti tratti da opere di Gramsci, Leopardi e Pasolini, autori che tanto bene evocano l’ipocrisia di un paese “pre e post-fascista”. Per far ciò Roberto Paci Dalò e Olga Neuwirth creano una partitura originale dove i testi  fanno da filo rosso allo sviluppo drammatico dell’opera. Alla riflessione sulle partiture originali e sullo spazio scenico, scarno ma evocativo, si affianca anche quella cinematografica usata scenicamente anche attraverso live video.

Lo spazio scenico

L’opera vede una scena dove tavoli, sedie e pochissimi oggetti definiscono il luogo fisico dell’azione scenica. Lo spazio è creato anche a partire da suggestioni legate ad alcuni dei luoghi abitati dagli autori dei testi. Luoghi isolati e aperti alla natura (come per Leopardi), luoghi claustrofobici (come la cella di Gramsci), luoghi di diverse tipologie (si veda il viaggio di Pasolini da Bologna a Casarsa, per terminare in una Roma in bianco e nero).

Il lavoro cinematografico

Si aggiunge un lavoro video/cinematografico creato attraverso una doppia proiezione che contiene l’ensemble stesso. Le immagini video sono in parte basate su materiali di repertorio, in parte girate appositamente per il lavoro e in parte create in diretta durante lo spettacolo grazie all’utilizzo di diverse telecamere posizionate in scena. Una composizione pensata a tutto tondo e che investe qualsiasi parametro dell’opera. Specifici software consentono l’elaborazione in tempo reale delle immagini in modo da rendere anche la parte visiva flessibile e dinamica, in relazione allo sviluppo della partitura. La partitura è su più livelli: non solamente la “musica” ma ogni tipo di informazione sui diversi parametri dello spettacolo come la luce, il video, i movimenti fanno parte della drammaturgia musicale. Il lavoro vuole poter creare all’interno di una struttura rigorosa e dettagliata, aree di libertà, o autonomia, nelle quale gli interpreti possano contribuire alla riuscita del progetto nel suo complesso. È per questo che la scrittura musicale prevede l’utilizzo di una notazione tradizionale e grafica allo stesso tempo.

Fotogramma del film parte della performance

Fotogramma del film parte della performance

Fotogramma del film parte della performance

Olga Neuwirth & Roberto Paci Dalò

Il Testo

1
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

2
La conservazione della società sembra opera piuttosto del caso che di un vero progetto, e riesce veramente sorprendente che possa aver luogo tra individui che continuamente si odiano, si insidiano e cercano in tutti i modi di nuocersi gli uni agli altri. La vita degli italiani è senza prospettiva di un futuro migliore, senza occupazione, senza scopo, e ristretta solo al presente. Gli italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa nessun’altra nazione. Questo è ben naturale perché la vita per loro vale molto meno che per gli altri, e perché è certo che i caratteri più vivaci e caldi di natura, come è quello degli italiani, diventano i più freddi e apatici quando sono combattuti da circostanze superiori alle loro forze. La classe dominante italiana è la più cinica tra le classi dominanti di tutta Europa e il popolo italiano è il più cinico tra i popoli. In Italia si ride per qualsiasi cosa e questa è la principale occupazione delle conversazioni. Ma gli altri popoli ridono piuttosto delle cose che degli uomini, piuttosto degli assenti che dei presenti. Una società unita non può durare tra uomini sempre occupati a deridersi e disprezzarsi.

3
Il popolo più analfabeta e la borghesia più ignorante d’Europa.

4
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico,
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti
Proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto il male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

5
Io sono sempre stato persuaso che esiste una Italia sconosciuta, che non si vede, molto diversa da quella apparente e visibile. Voglio dire – poiché questo è un fenomeno che si verifica in tutti i paesi – che il distacco tra ciò che si vede e ciò che non si vede è da noi più profondo che nelle altre cosidette nazioni civili. Da noi la piazza, con le sue grida, i suoi entusiasmi verbali, la sua boria, soverchia il chez soi molto più che altrove, relativamente. Così si sono formati tutta una serie di pregiudizi e di affermazioni gratuite, sulla saldezza della struttura familiare come sulla dose di genialità che la provvidenza si sarebbe degnata di dare al nostro popolo.

6
Così la vita non ha in Italia non solo sostanza e verità alcuna, che questa non l’ha neppure altrove, ma nemmeno apparenza, per cui ella possa essere considerata come importante. La vita degli italiani è senza prospettiva di miglior sorte futura, senza occupazione, senza scopo, e ristretta al solo presente. Certo è che il passeggio, gli spettacoli, e le Chiese sono le principali occasioni di società che hanno gli italiani, e in essi consiste, si può dir, tutta la loro società (parlando indipendentemente da quella che spetta ai bisogni di prima necessità), perché gli italiani non amano la vita domestica, né gustano la conversazione o certo non l’hanno. Essi dunque passeggiano, vanno agli spettacoli e divertimenti, alla messa e alla predica, alle feste sacre e profane. Ecco tutta la vita e le occupazioni di tutti gli italiani.

7
Il viaggio è stato per me come una lunghissima cinematografia: ho conosciuto e visto un’infinità di tipi, dai più volgari e repugnanti ai più curiosi e ricchi di caratteristiche interessanti. Immaginate che da Palermo a Milano si snodi un immenso verme, che si compone e decompone continuamente, lasciando in ogni carcere una parte dei suoi anelli, ricostituendone dei nuovi. Questo verme ha dei covili, in ogni carcere, che si chiamano transiti, dove si rimane dai 2 agli 8 giorni, e che accumulano, raggrumandole, la sozzura e la miseria delle generazioni.
…abbiamo preso 304.000 voti ufficialmente, ma in realtà ne abbiamo certamente preso più del doppio e i fascisti hanno pensato di attribuirseli, cancellando con la gomma il segno comunista e tracciandone uno fascista. Quando penso a ciò che sono costati agli operai e ai contadini i voti datimi, quando penso che a Torino sotto il controllo dei bastoni 3.000 operai hanno scritto il mio nome e nel Veneto altri 3.000 in maggioranza contadini hanno fatto altrettanto, che parecchi sono stati bastonati a sangue perciò, giudico che una volta tanto l’essere deputato ha un valore e un significato.

8
Ma io ho detto e ripetuto più volte che la società italiana di oggi non è più clerico-fascista: essa è consumistica e permissiva.

Io non credo che l’attuale forma di tolleranza sia reale. Essa è stata decisa “dall’alto”, è la tolleranza del potere consumistico , che ha bisogno di un’assoluta elasticità formale nelle “esistenze” perché i signoli divengano buoni consumatori. Una società spregiudicata, libera, in cui le coppie e le esigenze sessuali (eterosessuali) si moltiplichino è di conseguenza avida di beni di consumo.

La Carità pare non servire a niente altro che a scoprire gli uomini nella loro più squallida e atroce nudità di creature: senza né perdonarli né capirli, dopo averli così crudelmente scoperti. Il pessimismo verso l’uomo terreno è troppo totale per consentire l’empito del perdono e della comprensione. Essa getta un’indistinta luce plumbea su tutto. E non vedo niente di meno religioso, anzi, di più ripugnante, di questo.

E’ terribilmente ovvio: la mancanza del senso della sacralità della vita degli altri, e la fine di ogni sentimento nella propria.
Il considerare la vita degli altri un nulla e il proprio cuore nient’altro che un muscolo (come dice uno di quegli intellettuali che più fanno piovere sul bagnato, guardando con sussiego, commiserazione e spregio dal centro della “storia” i disgraziati come me che vagolano disperati nella vita). E infine vorrei dire che se dalla maggioranza silenziosa dovesse rinascere una forma di fascismo arcaico, esso poterbbe rinascere solo dalla scandalosa scelta che tale maggioranza silenziosa farebbe (e in realtà già fa) tra la sacralità della vita e i sentimenti, da una parte, e, dall’altra, il patrimonio e la proprietà privata: in favore di questo secondo corno del dilemma. Io dunque penso che – senza venire meno alla nostra tradizione mentale umanistica e razionalistica – non bisogna aver più paura – come giustamente un tempo – di non screditare abbastanza il sacro o di avere un cuore.

9
Quale in notte solinga,
Sovra campagne inargentate ed acque,
Là ‘ve zefiro aleggia,
E mille vaghi aspetti
E ingannevoli obbietti
Fingon l’ombre lontane
Infra l’onde tranquille
E rami e siepi e collinette e ville;
Scende la luna.

Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro
Che voglia non n’entrò bassa nel petto,
Ch’arsi di foco intaminato e puro.
Vive quel foco ancor, vive l’affetto,
Spira nel pensier mio bella imago,
Da cui, se non celeste, altro diletto
Giammai non ebbi, e sol di lei m’appago.

In fuga
Van l’ombre e sembianze
Dei dilettosi inganni; e vengono meno
Le lontane speranze,
Ove s’appoggia la mortal natura.
Abbandonata, oscura
Resta la vita.

10
Il mondo è veramente grande e terribile, e complicato. Ogni azione che viene lanciata sulla sua complessità sveglia echi inaspettati. Forse si dovrebbe vivere sempre al di fuori del proprio io per poter gustare la vita con la maggiore intensità?

11
Fai pochi passi, e sei sull’Appia
o sulla Tuscolana: lì tutto è vita,
per tutti. Anzi, meglio è complice
di quella vita, chi stile e storia
non ne sa. I suoi significati
si scambiano nella sordida pace
indifferenza e violenza. Migliaia,
migliaia di persone, pulcinella
d’una modernità di fuoco, nel sole
il cui significato è anch’esso in atto,
si incrociano pullulando scure
sugli accecanti marciapiedi, contro
l’Ina-Case sprofondate nel cielo.
Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donnna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più.

12
Entro nell’arena, all’ultimo spettacolo,
senza vita, con grige persone,
parenti, amici, sparsi sulle panche,
persi nell’ombra in cerchi distinti
e biancastri, nel fresco ricettacolo…
Subito, alle prime inquadrature,
mi travolge e rapisce… l’intermittence
du coeur, Mi trovo nelle scure
vie della memoria, nelle stanze
misteriose dove l’uomo fisicamente è altro.
e il passato lo bagna col suo pianto…

13
Anche qui il mondo è grande e terribile.
Vivo isolatissimo e per un pezzo non potrà essere diversamente.
Tu non puoi immaginare quante cose io ricordo in cui tu appari sempre come una forza benefica e piena di tenerezza. Se ci pensi bene, tutte le questioni dell’anima, dell’immortalità dell’anima, del paradiso, dell’inferno non sono poi in fondo che un modo di vedere questo semplice fatto: che ogni nostra azione si tramette negli altri secondo il suo valore, di bene e di male, passa di padre in figlio, da una generazione all’ altra, in un movimento perpetuo. Poiché tutti i ricordi che ho di te sono di bontà e di forza ciò significa che tu sei già nell’unico paradiso reale che esista.

14
Ho avuto un tuffo al sangue, nel leggere la tua lettera. Tu sai perché. Ma il tuo accenno è vago e io mi struggo, perché vorrei abbracciarti e sentire anch’io una nuova vita che unisce le nostre più ancora di quanto non siano unite, o mio amore tanto caro. Il mondo è veramente grande e terribile, e complicato. Ogni azione che viene scagliata sulla sua complessità sveglia echi inaspettati. Mi sento un po’ stanco e non posso scriverti molto. Tu scrivimi sempre e di tutto.

15
Al contrario di quello che può sembrar verosimile, le città piccole e le provincie d’Italia sono di costumi e di principi assai peggiori e più sfrenati che le capitali e città grandi, che sembrerebbero dover essere le più corrotte, e per tali sono sempre state considerate, e si considerano generalmente anche oggi, ma a torto.
Fin qui abbiamo considerato negli italiani la mancanza di società. A questa si deve anche aggiungere come altra cagione dei medesimi o simili effetti la natura del clima e del carattere nazionale che ne dipende e risulta. È tutto mirabile e simile a paradosso, quanto vero, che non c’è né individuo né popolo così vicino alla freddezza, all’indifferenza, all’insensibilità e a un grado così alto e profondo e costante di freddezza, insensibilità e indifferenza, come quelli che per natura sono più vivaci, più sensibili, più caldi. I popoli settentrionali meno caldi nelle illusioni, sono anche meno freddi nel disinganno.

16
La rosa ha preso una terribile insolazione: tutte le foglie e le parti più tenere sono bruciate e carbonizzate; ha un aspetto desolato e triste, ma caccia fuori nuovamente le gemme. Non è morta, almeno per ora. La catastrofe solare era inevitabile, perché potrei coprirla solo con della carta, che il vento portava via; sarebbe stato necessario avere un bel mazzo di paglia che è cattiva conduttrice del calore e nello stesso tempo ripara dai raggi diretti.

17
L’individuo nella società civile nuoce meno agli altri, ma molto più a se stesso. Ed anche quanto agli altri, ei nuoce meno al lor fisico ma al morale sempre più, ei li danneggia fisicamente meno, ma moralmente in mille guise e sotto mille rispetti, molto da vantaggio. Ora il morale nell’uomo civile, lo spirito ec. È per natura dell’uomo in tale stato la parte principale, anzi quasi tutto l’uomo.

Ma l’amore è sparito affatto dal mondo, sparita la fede, la giustizia, l’amicizia, l’eroismo, ogni virtù, fuorché l’amor di se stesso. Non si hanno più nemici nazionali? ma si hanno nemici privati, e tanti quanti son gli uomini; ma non si hanno più amici di sorta alcuna, né doveri se non verso se stesso. Le nazioni sono in pace al di fuori? ma in guerra al di dentro, e in guerra senza tregua, e in guerra d’ogni giorno, ora, momento, e in guerra di ciascuno contro ciascuno, e senza neppur l’apparenza della giustizia, e senz’ombra di magnanimità, o almeno di valore, insomma senz’una goccia di virtù qualunque, e senz’altro che vizio e viltà; in guerra senza quartiere; in guerra tanto più atroce e terribile, quanto è più sorda, muta, nascosta; in guerra perpetua e senza speranza di pace. Non si odiano, non si opprimono i lontani e gli alieni? ma si odiano, si perseguitano, si sterminano a tutto potere i vicini, gli amici, i parenti; si calpestano i vincoli più sacri; e la guerra essendo fra persone che convivono, non c’è un istante di calma, né di sicurezza per nessuno.

En vérité, mon cher ami, le monde ne connaît point ses véritables intérêts. Je conviendrai, si l’on veut, que la vertu, comme tout ce qui est beau et tout ce qui est grand, ne soit qu’une illusion. Mais si cette illusion était commune, si tous les hommes croyaient et voulaient être vertueux, s’il étaient compatissants, bienfaisant, généreux, magnanimes, plein d’enthousiasme ; en un mot si tout le monde était sensible (car je ne fais aucune différence de la sensibilité à ce qu’on appelle vertu) n’en serait-on pas plus heureux ?

18.
Occorre bruciare tutto il passato, e ricostruire tutta una vita nuova: non bisogna lasciarci schiacciare dalla vita vissuta finora, o almeno bisogna conservarne solo ciò che fu costruttivo e anche bello. Bisogna uscire dal fosso e buttar via il rospo dal cuore.

19.
Or poserai per sempre,
Stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,
Ch’eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
In noi di cari inganni,
Non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
Palpitasti. Non val cosa nessuna
I moti tuoi, nè di sospiri è degna
La terra. Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T’acqueta ormai. Dispera
L’ultima volta. Al gener nostro il fato
Non donò che il morire. Ormai disprezza
Te, la natura, il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l’infinita vanità del tutto.

Credits

Italia anno zero

ideazione, composizione
Olga Neuwirth & Roberto Paci Dalò

clarinetti, sampler, elettronica
Roberto Paci Dalò

theremin vox, elettronica
Olga Neuwirth

clarinetti
Ernesto Molinari
Donna Molinari

chitarre, elettronica
Burkhard Stangl

voce
Sandro Lombardi
Andrea Clausen

attrice (film)
Natalie Cristiani

voci fuori campo (film)
Julian Bees (inglese)
Andrea Clausen (tedesco)
Caroline Michel (francese)
Sandro Lombardi (italiano)

film, luci, oggetti
Roberto Paci Dalò

live video mixing
Filippo Giunchedi

regìa del suono
Oliver Brunbauer

direttore tecnico, regìa luci
Peter Knögler

organizzazione, tour manager
Sabina Schebrak

collaborazione artistica
Gabriele Frasca

collaborazione oggetti di scena
Francesco Bocchini

modello scene
Stefano Cerulli

montaggio film
Piero Lassandro

assistente all’animazione
Irene Aurora Paci

fotografia e riprese
Roberto Paci Dalò
Marco Tani
Nicola Vicenti

coordinamento di produzione
Barbara Lebitsch

produzione
Giardini Pensili & Wien Modern

in collaborazione con
Budapest Autumn Festival
ORF Kunstradio
Terra Gramsci

con il sostegno di
Réseau Varèse
Commissione Europea (Cultura 2000)