Come è nata l’idea di Ye Shanghai? Come sei stato stimolato da questo incrociarsi di traiettorie, quella cinese, giapponese, ebraica, etc?
“Ye Shanghai” è nato da un invito da parte di Massimo Torrigiani – direttore di SH Contemporary Shanghai Contemporary Art Fair – a immaginare un progetto da presentarsi all’interno della fiera.
Ho effettuato un primo viaggio a Shanghai nel maggio del 2012 e poco prima di arrivare in città ho scoperto un’informazione riguardante la poco conosciuta storia del Ghetto di Shanghai (formalmente come il “Restricted Sector for Stateless Refugees”). Un’area di circa un miglio quadrato nel distretto di Hongkou della Shanghai occupata dal Giappone popolata da qualcosa come 23.000 ebrei fuggiti da Germania e Austria dopo la Kristallnacht.
Come hai lavorato alla parte musicale dell’installazione, in particolare usando la canzone di Zhou Xuan?
Ye Shanghai è presentato in un triplice formato: performance musica-film, installazione e film.
Musicalmente alla base di tutto la canzone omonima interpretata da Zhou Xuan e uscita nel 1937. Una canzone straordinaria sia dal punto di vista musicale che testuale. Non a caso diventò un hit e tuttora resta nel cuore di generazioni di cinesi. Volevo per il progetto un terreno comune forte e questo lied ben si prestava alle mie esigenze.
Ho decostruito la canzone creando un database di samples e l’intera composizione è basata su questi suoni che in maniera molto graduale creano un climax che viene risolto solo alla fine quando il pubblico scopre di cosa si tratta e canzone si ricompone rendendosi riconoscibile.
La performance nasce come solo (io in scena con clarinetto basso, sampler e live electronics) e sto attualmente avorando alla scrittura di una partitura per ensemble.
Nel video ci sono dei materiali bellissimi, come li hai reperiti?
Merito di Francesca Girelli coproduttrice del progetto insieme a Davide Quadrio di Arthub Asia. Dopo il mio primo viaggio a Shanghai Francesca mi mandò un’informazione riguardante alcuni materiali di viaggiatori inglesi a Shanghai negli anni 20 e 30. È stato sufficiente intravedere pochi secondi di queste immagini per farmi decidere di partire immediatamente per Londra dove negli archivi del BFI British Film Institute ho scoperto un fondo di filmati in 35 mm girati magistralmente che documentano la vita quotidiana all’epoca. Sono materiali straordinari che ho fatto trasferire in digitale per poter montare il film che dura un’ora. Si tratta tra l’altro di immagini inedite per cui la loro presentazione acquista un valore particolare.
Nella performance è usata la versione in digitale ma stiamo lavorando a un riversamento in 16mm per consentire la proiezione su pellicola. Appena possibile faremo addirittura una copia in 35 mm in modo tale da poter proiettare su pellicola in grandi spazi.
Il tema dell’emigrazione è un tema sempre attuale, che riflessioni sono emerse in questo senso dal lavorare su questi temi?
Lo Shanghai Ghetto è stato un momento molto particolare nella vita di una città così incredibile e cosmopolita come Shanghai. Per quanto riguarda la comunità ebraica dobbiamo anche ricordare come, dalla metà del XIX secolo, Shanghai è stata la meta di immigrazioni iniziata con famiglie come quelle di Sassoon, Hardoon e Kadoorie arrivate da luoghi come Baghdad, Bombay e Hong Kong.
Shanghai dovrebbe a mio avviso riprendere il filo del suo cosmopolitismo e lavorare intensamente sulla sua storia. Non in maniera nostalgica ma per ritrovare una consapevolezza delle sue possibilità. Adesso Shanghai sta ridiventando nuovamente cosmopolita e tanti sono i non cinesi che lì vivono. Questo implica una diversa organizzazione di spazi e modalità. È molto interessante studiare tutto ciò.
Pochi giorni fa hai presentato il lavoro proprio a Shanghai, ci racconti qualcosa di questa avventura proprio nel luogo chiave del lavoro? Le tue impressioni, etc?
Venire a Shanghai è sempre emozionante e ho potuto constatare che ogni volta che presento questo lavoro qui le reazioni sono molto forti. Si tratta di immagini inedite di un passato dimenticato e provocano una immediata curiosità e in certi casi vera e propria emozione.
Il lavoro è stato presentato a Power Station of Art Museum e curato da Arthub Asia.
A partire da Ye Shanghai intendo proseguire e approfondire il rapporto con Shanghai e la Cina in generale anche lavorando su materiali d’archivio. Una pratica questa non molto diffusa qui ma che invece fa parte del mio percorso artistico da sempre e che talvolta trasforma un progetto artistico in una vera e propria caccia al tesoro piena di possibilità.
Prossima performance sarà la prossima settimana (il 17 aprile) e inaugurerà “en plein air” il festival “Art Shanghai 2013” che si svolgerà in un grande parco nel cuore della città.
In giugno il lavoro sarà presentato a Venezia, un’occasione per vederlo qui in Italia. Quali i tuoi prossimi progetti?
Buona parte del 2013 è dedicata a Ye Shanghai che sarà presentato tra l’altro a Art Brussels (in prima europea), Screen Barcelona, Default 13 Lecce. A Venezia durante i giorni dell’opening della Biennale Arte a fine maggio Ye Shanghai sarà presentata nella sua versione installazione presso la Fondazione Querini Stampalia all’interno del teatro progettato da Mario Botta e uscirà presto il vinile con la registrazione fatta dal vivo presso la ORF / Kunstradio radio nazionale austriaca.
Sto lavorando a uno spettacolo di teatro-musica basato sul testo “Rimi” di Gabriele Frasca appena uscito per Einaudi nella ‘collanina bianca’ di poesia. Sarò in scena con Frasca e l’anteprima sarà a Roma in giugno.
Altro progetto che mi sta particolarmente a cuore è LUFT un laboratorio di radio, teatro e web che si svolgerà in varie sedi e che è diventato infrastrutturale all’interno delle attività del Teatro Valle Occupato. Le varie tappe (tra le altre Lecce, Napoli, Alessandria, Mondaino…) avranno periodici ritorni a Roma dove è nato un consistente gruppo di lavoro.
Quest’anno ho completamente ridisegnato – insieme a Marold Langer-Philippsen – il sito di Radio Lada, una delle prime webradio nata nel 1995. Con Radio Lada sto studiando un palinsesto fatto anche di corrispondenti in giro per il mondo che trasmettono in diretta attraverso smartphone.
In produzione un disco in solo dedicato al mio lungo rapporto con la cultura ebraica in relazione alla scena contemporanea.
Last but not least a Esino Lario, sul Lago di Como, dove ho già realizzato “Animagus” una installazione permanente oggetti-suono permamente e che vedrà un ulteriore sviluppo durante l’estate.